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Zaccone: “Troppo chiedere almeno: perché?”

Maurizio Zaccone

Il post sentito di Maurizio Zaccone

Sono parole che cercano una spiegazione, quelle di Maurizio Zaccone. Parole che in qualche modo cercano di trovare una causa a mille interrogativi legati a questo periodo veramente buio per il Napoli. Di seguito viene riportato l’ultimo post dello scrittore e giornalista napoletano, direttamente dalla sua pagina Facebook.

Le parole dello scrittore

Mi viene in mente Troisi in ‘Scusate il Ritardo’ quando cerca di capire il perché viene lasciato da Anna, la sua fidanzata. A lui basta un motivo, una spiegazione. C’è un altro? E chi è?
E’ una bottiglia? Gli andrebbe bene perché almeno saprebbe che dopo la bottiglia c’è lui.

Ecco, il problema del Napoli qual è?

C’è una squadra che gioca male, sempre peggio. Senza più scuse e giustificazioni. Lo fa apposta? E perché?

C’è un allenatore che ha collezionato 4 punti in 5 partite; peggio soltanto Spal e Brescia, le ultime due. E continua a offrirci moduli diversi e cambio ruoli che neanche se la formazione la facesse con il paniere della tombola risulterebbero tanto varie e puntualmente inefficaci. Perché?

C’è una società che ha tutto il patrimonio accumulato in 15 anni di vita nei cartellini dei giocatori. E sta facendo una guerra plateale ai suoi calciatori che, giusta o meno che sia, è anche la guerra a se stesso, la svalutazione del suo unico patrimonio e la compromissione dei minimi obiettivi stagionali che potrebbero costringerla a un ridimensionamento imminente. Perché?

Ci sarebbero poi i tifosi, ai quali non è stato dedicato un briciolo di spiegazione anche formale, anche falsa, anche di convenienza. Solo irrispettoso silenzio. Noi dobbiamo stare lì senza sapere che ruolo giocare e senza sapere che partita stanno giocando gli altri. Inermi, a vedere un castello costruito negli anni e giunto a vette altissime 1 anno e mezzo fa, sgretolarsi senza un apparente e chiaro motivo.

Sopportare l’ennesimo terremoto non sarebbe impossibile, per noi che ci siamo abituati, ma è troppo chiedere almeno: perché?“.

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