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“Dove sono quelli che”: la nuova tendenza che tenta di piegare il diritto di critica

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“Dove sono quelli che”: la nuova tendenza che tenta di piegare il diritto di critica

“Dove sono quelli che”: la nuova tendenza che tenta di piegare il diritto di critica

L’articolo 21 della Costituzione recita: “tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”.

Una norma semplice, dal contenuto elementare, che viene ritenuta dalla giurisprudenza nazionale e comunitaria un principio cardine di una società democratica. Che tuttavia non deve essere utilizzata come scudo per scoccare impunemente dardi infuocati e colpire il malcapitato di turno.

A tracciarne i confini esistono infatti i limiti del “buon costume” ed il rispetto di interessi parimenti protetti e garantiti dalla Carta Costituzionale.

Ma sino a quando le opinioni espresse restano circoscritte nel perimetro disegnato dalla principale fonte giuridica nazionale, il diritto è sacrosanto e come tale va strenuamente difeso.

Soprattutto nel mondo del calcio, infatti, tale principio subisce attacchi più o meno velati con crescente frequenza.

Basti pensare alle pagelle del dopo partita.

Sono tanti i professionisti del settore che esprimono un giudizio di merito (a volte condivisibile, altre meno; a volte poggiato su solide competenze tecniche, altre volte “laico”) sulle prestazioni dei calciatori.

Una categoria secondo tanti privilegiata, ma che pare diventata tutt’a un tratto una di quelle scatole sulle cui etichette viene apposta la scritta “fragile”.

Le pagelle sembrano diventate un fardello insopportabile per chi le legge.

Procuratori che scattano come molle non appena si leggono voti al di sotto della sufficienza.

Familiari che intervengono negli ‘affari’ lavorativi dei protagonisti con preoccupante costanza.

I social sempre più spesso sono territorio all’interno del quale si consumano vendette, ma dove il coraggio mostrato nelle parole si sgonfia quando bisogna fare nomi e cognomi.

Vero è che tante sono le trasmissioni sportive. Tanta è la pressione. Tante sono anche le modalità con le quali opinioni e valutazioni vengono espresse.

Ma è altrettanto vero che non guasterebbe una maggiore serenità ed un maggiore equilibrio nell’accettare una critica.

Si è sottoposti a valutazione nel periodo scolastico con gli insegnanti, sul posto di lavoro con il datore o con i clienti.

Accade a maggior ragione per i protagonisti, lautamente remunerati, di uno sport che regala una enorme notorietà alla quale si affianca un numero proporzionato di giudizi.

Per quanto ancora, ogni qualvolta un calciatore riuscirà a fornire prestazioni all’altezza, dovremo leggere le consuete difese “dove sono quelli che criticavano?”, “Adesso non parlate più?”.

La risposta è tanto semplice quanto disarmante per la sua immediatezza: a prestazioni buone corrispondono giudizi positivi.

Si gioca male, arrivano inesorabili le valutazioni negative.

C’est la vie.

Purtroppo o per fortuna.

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