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Il Napoli vince (era ora) con lo Spezia

Raspadori Esulta

Il Napoli vince (era ora) con lo Spezia, vittoria sofferta ma con tanta gioia, quella gioia che ti può regalare solo un goal al 90esimo

Napoli – Spezia. Non esista tabù che sia eterno e intangibile. Una regola che non ha risparmiato neanche lo Spezia, sempre temerario e in vena di pic-nic al “Maradona” negli anni recenti. Batterlo poi all’ultimo sussurro, ha avuto il sapore di una nemesi aromatica. E’ così che questa piovra tentacolare è diventata un docile animale domestico. Diciamocelo subito, senza troppi giri di parole: i tre punti sono stati più un giusto castigo per i liguri, poco audaci dalla cintola in su, che un premio per il Napoli, assai inibito nel primo tempo (come col Lecce) e un po’ più spensierato nella ripresa ma senza quella continuità di applicazione necessaria per sfondare il muro spezzino. Gli azzurri vanno a sprazzi e non riescono sempre a mettere in pratica quei concetti di gioco che li rendono impietosi nella zona rossa avversaria. Fino all’apoteosi finale che scatena pure un piccolo parapiglia tra le due panchine.

Un concetto va chiarito su Napoli – Spezia: lo Spezia, benché rinunciatario, almeno nei primi 45′ non piazza pullman né dispone barricate davanti a Dragowski. Piuttosto si difende con ordine in ossequio a meccanismi di intesa chiari e ampiamente codificati. In questo si sa che Luca Gotti è un maestro, checché se ne dica. Il vero 3-5-2 si può apprezzare solo negli ultimi 20 metri, appena Holm e Reca si allineano con sapienza al tridente difensivo. Ma quando il Napoli costruisce, l’esterno svedese sale in linea con Gyasi (sull’altro versante) in un 4-4-2 plastico che fa scivolare Ampadu a destra e lascia Agudelo alle spalle di Nzola. E’ un atteggiamento che serve da un lato a non alimentare la pressione partenopea, dall’altro a provare a limitare Kvara, che deve essere francobollato proprio da Holm e Ampadu. Ma questo secondo mandato non riesce, perché il georgiano è tirato a lucido e fa quello che vuole. In sostanza, si conferma il più attivo in un Napoli che soffre terribilmente le organizzazioni difensive ospiti. Ma c’è di più: se per ogni interprete si conoscono caratteristiche e compiti da assolvere, lo stesso non si può dire di Ndombele. Spalletti lo piazza da play basso, un “nonsense”: al di là di un ambientamento da trovare e di una condizione fisica tutta da riscoprire, l’ex Tottenham è un pesce fuor d’acqua che non sa proprio cosa fare in campo perché non ha passo, lucidità, orientamento e geometrie per soddisfare le esigenze del tecnico. E per lo Spezia diventa molto più semplice – e rapido – trovare nelle retrovie la disposizione giusta in grado di disinnescare un Napoli che non può godere nemmeno del solito apporto alla manovra di Di Lorenzo e Mario Rui, che sonnecchiano e si chiamano fuori dalla battaglia. Però la squadra di Gotti, che sta attenta soltanto a ripartire appena il Napoli incappa in qualche calo di tensione (uno di Elmas può costare caro), non fa neanche nulla per meritarsi qualcosa in più del punticino: la staffilata sul finale di tempo di Gyasi è un bagliore improvviso che ha tuttavia il pregio di tenere Meret sveglio e presente a se stesso. Nzola, l’Uragano nero (come era soprannominato ai tempi di Francavilla), è solo un venticello di fine estate. Dall’altro lato, però, Raspadori non fa meglio in quanto le sue aspettative da falso nueve sono inghiottite da proprio da Ampadu e Bourabia. Il lavoro di raccordo di Jack è tanto encomiabile quanto infruttuoso. E all’intervallo il popolo social si scatena trovando già i due colpevoli da esporre al pubblico ludibrio. Giusto, ma siamo sicuri sia davvero così? O se invece lo sia solo in parte?

Qualcosa in tal senso per Napoli – Spezia possono raccontarcelo le scelte di Spalletti e i riscontri che ne emergono. E il tecnico decide saggiamente di risparmiare Ndombele per affidarsi a Lobotka, vero motore di un Napoli che emette troppo fumo. Come era lecito aspettarsi, cresce la qualità della manovra e aumentano i ritmi, amplificati anche dall’ingresso di Zielinski che assicura la solita imprevedibilità nelle sue imbucate e nei movimenti senza palla. Ne fa le spese Anguissa ma è un rischio che con questo Spezia imbelle si può correre. Guai se non fosse così. Il Napoli inizia a ritrovare man mano la propria identità e gli spezzini sono ridotti realmente a fare muro contro muro per salvare la pelle. Anche con perdite di tempo e atteggiamenti snervanti. Raspadori continua ad essere ridimensionato da un malsano vorrei ma non posso e la gara non si sblocca. Anzi, gli azzurri decidono persino di tutelare l’onorabilità dello Spezia con un pacco regalo di Mario Rui che per poco non fa la frittata: Kiwior tenta la gloria, Meret non ci arriva, Rrahmani salva e l’occhiataccia del portoghese al portiere friulano (ma perché?) è tutta un programma. Non si può più indugiare e per Spalletti arriva il momento di una torsione offensiva in grande stile: fuori Kvaratskhelia, dentro Simeone, dopo che Lozano aveva rilevato a destra Politano. L’attacco azzurro è adesso un baldanzoso quadrifoglio che vede Raspadori agire alle spalle del Cholito, con Zielinski a rimorchio. Gianluca Gaetano riprova l’ebbrezza del “Maradona” un anno dopo la sua apparizione col Venezia: c’è poco tempo per incidere realmente, ma il golden boy di Cimitile sforna un paio di assist preziosi dimostrando comunque di poter reggere i momenti bollenti di una sfida. Nel frattempo era uscito Elmas con Raspadori dirottato più largo a sinistra e quindi sollevato da compiti di taglia e cuci sulla trequarti. E’ un Napoli camaleontico, che prova tutte le soluzioni tattiche possibili per venirne a capo. E poi si sa, nel calcio servono anche quel pizzico di buona sorte e quel granello di imponderabilità per vincere le partite: proprio Gaetano è, infatti, involontario protagonista quando buca il servizio di Lozano che diventa l’assist perfetto per Raspadori, il cui movimento a rientrare si fa beffe di Hristov ed elude il tentativo di anticipo di Kovalenko. Come non regalarsi una corsa sotto la curva dopo un gol di questa entità che riscatta ansie, paure, inibizioni e mette in stand-by quei tanti giudici dalle sentenze troppo rigorose e inappellabili? Stavolta, va detto, l’intuizione di Spalletti nel voler responsabilizzare fino all’ultimo respiro Jack, si è rivelata fortunata e ha fatto pace con qualche scelta iniziale non proprio felice. Le panchine non se le mandano a dire ed è una conseguenza naturale della condotta ostruzionistica dello Spezia nella ripresa: il nervosismo accumulato in partita dallo staff azzurro doveva pur essere canalizzato in qualche modo. Nessun tabù è per sempre. Abbatterlo così è stato ancora più bello.