Lucchesi: Di Giuntoli sto apprezzando soprattutto la pacatezza. Si sta comportando in modo davvero professionale
A “1 Football Club”, programma radiofonico condotto da Luca Cerchione in onda su 1 Station Radio, è intervenuto Fabrizio Lucchesi, ex dirigente di Roma e Fiorentina
Le resistenze di De Laurentiis a lasciar partire Giuntoli da imputare anche al timore che il direttore possa portare con sé le conoscenze acquisite in azzurro?
“Ci sono delle regole tanto nella vita quanto nel mercato… Di Giuntoli sto apprezzando soprattutto la pacatezza. Si sta comportando in modo davvero professionale, verso il presidente e verso una società che l’ha lanciato nell’élite dei club europei. Ha ricevuto un’offerta ed ha palesato la volontà di partire senza fare forzature. Io credo che, giunti a questo punto, sia forse il caso di lasciarlo andare. Il risultato che verrà fuori sarà il frutto di due volontà”
La filosofia di Accardi è prendere a poco per vendere a tanto, potrebbe essere il sostituto ideale di Giuntoli?
“Io capisco che De Laurentiis si trovi in una situazione difficile. Veder andare via direttore ed allenatore, ed azzerare il reparto tecnico comprendo sia motivo di riflessione. Accardi è giovane, sicuramente tra i più bravi. Ciò detto, va riconosciuto come il profilo di calciatori all’Empoli consentiva una percentuale di rischio più alta. Al Napoli, la base di partenza esige un profilo di giocatore già pronto per potersi esprimere nella squadra campione d’Italia. Dunque, se dovesse arrivare a Napoli sarebbe fondamentale adeguarsi alle nuove esigenze di prontezza del club”
Vede delle analogie tra la Roma che, con lei, trionfò vent’anni fa ed il Napoli di oggi?
“Le squadre delle piazze più industrializzate, storicamente, si dice che ogni vent’anni vincano diciotto trofei. È un problema di spessore, di continuità aziendale e di contesto industriale. Poi ci sono le eccezioni. Ogni dieci o venti anni arriva un grande imprenditore come Sensi, De Laurentiis e Ferlaino. All’epoca essi si ponevano come dei mecenati. Si mettevano tanti soldi per finanziare l’attività, salvo poi doversi fermare. La Roma di ieri fu progettata ambendo a giocatori già pronti, mentre il Napoli di Spalletti i campioni li ha creati. È questa la sostanziale differenza. La Roma di vent’anni fa rappresentava ancora un calcio dei mecenati. Il club di De Laurentiis, invece, fa un’attività aziendale, rispecchiando una tendenza odierna di un’azienda calcio che produce e valorizza i talenti. La vera difficoltà, vent’anni addietro, non era scegliere i giocatori, ma spendere al meglio le risorse e renderli complementari fra loro e far sì che diventassero decisivi. Se un tempo si esigevano calciatori pronti, oggi si necessita di talento, con l’obiettivo di combinare valorizzazione e successo”
De Laurentiis viene definito mangia allenatori, ma la storia dei top club italiani dimostra che non è inusuale cambiare allenatore dopo la vittoria di uno Scudetto?
“Non ci sarà la riprova, ma se ci fosse stata continuità probabilmente avrebbe consentito al club maggiore tranquillità. Tuttavia, se non sussistono le condizioni, non è un dramma cambiare guida tecnica. Soprattutto, va considerato come il Napoli, 14 anni fa, era in Serie B. È stata una crescita lenta che ha dato al presidente il tempo necessario per comprendere i meccanismi del sistema calcio e di strutturarsi. Il Napoli di oggi è l’espressione di questi 14 anni, non certo dell’ultima stagione. In un periodo così lungo, d’altronde, è del tutto naturale affidarsi ad un cambio tecnico. Ritengo che De Laurentiis, dunque, non possa essere considerato certo un mangia allenatori”
Per il sostituto di Spalletti preferirebbe una continuità tecnica al lavoro svolto da Spalletti?
“La parola continuità passa attraverso una interpretazione soggettiva del ruolo dell’allenatore. Un tecnico è un amministratore delegato in campo… La continuità, inoltre, si può raggiungere attraverso valori tecnici come la difesa a quattro, la manovra offensiva. Continuare in una certa filosofia è augurabile. Ciononostante, il successore di Spalletti non è chiamato a continuare il lavoro di Luciano in termini assolutistici. Spalletti, oggi, è finito. La fotocopia del mister di Certaldo non esiste. Ogni tecnico ha le proprie virtù e metodologie, ed il futuro allenatore saprà modellare a sua immagine la squadra”
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