fbpx

Il ritorno di Ranieri ed il Leone D’Oro a De Laurentiis, Napoli-Cagliari è già una gara tridimensionale

Infortunio Osimhen

Al “Maradona” arriva un Cagliari che è lo specchio del proprio allenatore

Napoli-Cagliari. Sarà stata pure una “vittorionzola” quella ottenuta dal Napoli contro i portoghesi del Braga, ma ciò che contava, era riuscire a superare il turno e qualificarsi agli ottavi di Champions. Nell’Europa blasonata, tra l’altro, non esistono avversari “facili”, ma solo partite che si mettono in una maniera piuttosto che in un’altra. È la regola.

Domani, intanto, è già tempo di campionato. Al “Maradona”, infatti, arriverà il Cagliari di Claudio Ranieri. Una gara tridimensionale. Un cliente particolarmente ostico. L’ex tecnico degli azzurri, del resto, è uno che prepara le partite così come Ayrton Senna preparava i gran premi: con religiosa serietà. E chissà che all’allenatore romano, per un attimo, non vengano in mente i ricordi della sua esperienza in terra partenopea quando, giovanissimo, si ritrovò ad allenare un gruppo di ottimi calciatori – Zola, Careca, Ferrara, Crippa, tra gli altri – a cui, per i motivi che tutti conosciamo, mancava il suo protagonista principale, il re dei re, Diego Armando Maradona. Ranieri, in pratica, è stato il primo allenatore del Napoli decadente. Onore a lui.

Tornando alla stretta attualità, invece, appare del tutto evidente che vincere contro i sardi significherebbe rilanciarsi in maniera quasi definitiva dopo la vittoria di tre giorni or sono e, soprattutto, dopo le ottime prestazioni sciorinate sia con l’Inter che con la Juventus. È inutile girarci intorno: vincere (in campionato) a Fuorigrotta oramai è diventato una sorta di tabù. Una specie di horror alla Dario Argento (in verità, se amate il genere, ne sono usciti di bellissimi pure nel periodo di Halloween).

Ad ogni modo, come sottolineato qualche riga più su, nei match disputati sin qui con Mazzarri sulla panchina dei campioni d’Italia, i segnali di ripresa non sono mancati. E mentre la città si traveste (come al solito) da giudice inflessibile sbattendo – questa volta – Kvara sul banco degli imputati, il tecnico di San Vincenzo s’interroga su quella che dovrebbe essere la formazione da schierare in campo contro i rossoblù. Elmas, per esempio, è out per un risentimento muscolare. Mentre sarà alquanto difficile trovare il nome di Mario Rui nell’elenco dei convocati.

E cosa dire del (doppio) “Leone D’Oro” consegnato ad Aurelio De Laurentiis in quel di Venezia per i successi raggiunti sia da imprenditore che da presidente del Napoli? Ecco. In una città mediamente normale, si tesserebbero le lodi di una figura che, da circa vent’anni, ha regalato ad una piazza – storicamente non abituata a certi traguardi, eccetto che nel periodo maradoniano naturalmente – una solidità ed una dimensione internazionale che non erano per nulla scontate, né pronosticabili.

Anzi. Per quasi un secolo siamo stati i “Sultans Of Swing” cantati da Mark Knopfler e dai Dire Straits cinquant’anni fa. Belli sì, ma inconcludenti. All’ombra del Vesuvio ci si dimentica troppo in fretta del fatto che la rinascita di Napoli sia cominciata proprio con il Napoli. Con buona pace di chi, tra i vicoli di Partenope, contesta ancora il mancato rinnovo di Mertens e la partenza di Sarri (sì, proprio loro). Per essere ancora più spiccioli, prima dell’avvento di De Laurentiis, il verbo “vincere” a Napoli neanche esisteva. Era dimenticato, sopito, sepolto come gli antichi resti dei Cumani nella zona flegrea. E se persino dopo la vittoria di uno scudetto meritatissimo come quello conquistato nella passata stagione siamo già sprofondati nella fase del mugugno perenne, significa che l’eccezione ha completamente annichilito la regola.