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Claudio Onofri: privarsi di Spalletti è stato un errore!

A “1 Football Club”, programma radiofonico in onda su 1 Station Radio, è intervenuto Claudio Onofri, allenatore ed ex calciatore del Torino. Di seguito, un estratto dell’intervista.

Nel tre a zero di ieri crede ci siano più meriti del Torino o demeriti degli azzurri?

“La metterei più sul piano generale. Juric, al di là dei momenti, ha uno spartito chiaro, proposto in allenamento e che si rivede in campo. Purtroppo, il Napoli di quest’anno non ha in mente la poesia da recitare, ed ognuno si attiene al momento della partita. Non sempre le cose sono esatte e fatte in maniera concreta. Non voglio sottolineare la differenza di valori tra i due tecnici. Se andassimo a vedere i curriculum non ci sarebbe differenza. Tuttavia, prediligo allenatori con una certa idea di calcio, così come era il caso di Spalletti. La rosa, ben costruita da Giuntoli, era valorizzata dai dettami del tecnico. Ad oggi, nonostante le defezioni del mercato e degli infortuni, la rosa resta competitiva ma ancora non in grado di eguagliare le proprie potenzialità”

Da dove si parte per analizzare i problemi del Napoli?

“Parlo sempre in generale. Lo scorso anno, è vero ci fossero giocatori straordinari, tra cui Kvaratskhelia, Osimhen e Kim, ma tutti era consapevoli su quel che andava fatto in campo. Questo accresce il loro valore. Oggi, invece, c’è un modo di stare in campo che non dico sia demandato esclusivamente, ma che fa in modo che il pensiero su come comportarsi appartenga al giocatore stesso. È una strategia che si basa sul carisma del giocatore, sull’avversario e le sue caratteristiche. Non condanno questo modo di preparare una squadra, ma sottolineo soltanto i meriti di Spalletti nella passata stagione”

Perché al Napoli sono state prese delle decisioni in controtendenza con quanto costruito nella stagione precedente?

“Chi comanda ha il merito di quanto fatto nella scorsa stagione, ma le decisioni di questa estate sono state sbagliate, e non condivise da altri dirigenti. È come voler ribadire un merito della società, anche sul lavoro del tecnico. Tuttavia, non è un pensiero che condivido. Quel che penso è che per far crescere un sistema ci vuole attenzione alla guida tecnica, come per i film, che necessitano di un grande regista. Per questo ritengo che privarsi di Spalletti sia stato un errore”

Si può parlare di colpe degli allenatori o crede che Mazzarri e Garcia possano considerarsi vittime di questa situazione?

“Mazzarri è stato premiato da ottimi risultati in carriera e nessuno mette in dubbio il suo valore. Tuttavia, se entri in corsa e non hai potuto decidere nulla sulla preparazione estiva, hai bisogno di tempo. Anche fosse arrivato Gasperini, ci sarebbe voluto un mese per poterne vedere i benefici. Dopo quel naturale periodo di ambientamento, però, la squadra allenata dal Gasp avrebbe potuto arricchirsi, sia nei risultati che nel valore dei giocatori. Proprio l’Atalanta riesce a valorizzare i propri uomini. È una caratteristica, quella di incidere, che non rivedo in Garcia e Mazzarri che, ciononostante, hanno sicuramente altre qualità”

Gli esoneri dei due tecnici ci dicono che, spesso, a pagare sono gli allenatori anche per gli errori altrui.

“Anche questo è vero. Se si fa una scelta bisogna poter garantire ai tecnici il tempo di dimostrare. Si deve intuire già all’inizio che si sta preparando un metodo. Nelle prime gare posso accettare che ci sia qualcosa che non converga, proprio perché si impartisce un nuovo metodo. Nel Napoli di inizio stagione ho visto riproporre anche vecchi dettami di gioco, ma è mancata continuità. Mazzarri, infatti, è arrivato cercando di garantire continuità con il 4-3-3. Una scelta che ho condiviso, non si poteva pensare di rivoluzionare l’assetto tattico in così breve tempo. Walter, però, non ha esperienza con questo modulo”

La rivoluzione deve arrivare dai calciatori, dal mister o dalla società?

“E’ un piano che deve partire da tutte le componenti. La società deve poter garantire fiducia all’allenatore, il tecnico deve comprendere che le soluzioni tattiche di oggi non producono risultati e poi ci sono soprattutto i giocatori. Essi devono riconoscere che, anche nelle difficoltà, devono poter dare di più. Tuttavia, è come nella scena di un film: puoi essere anche il più grande attore di un film, ma se non ti hanno detto cosa dire ed hai di fronte una comparsa che dice un’altra cosa, il film fa schifo. Il cambiamento, pertanto, esige la partecipazione di tutte le componenti”