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Ultrà Juve “Questa volta Report lo chiamiamo noi”

Dopo gli arresti avvenuti nella mattinata di ieri dei leader degli storici gruppi di tifoserie bianconere, emergono interessanti particolari dell’inchiesta della Procura di Torino.

“Puoi andare a dirglielo che noi ci ricordiamo tutto di quando lui (il presidente Agnelli), D’Angelo e Marotta hanno incontrato la famiglia Dominello a Napoli e che quindi per questo saremo noi a chiamare Report e vi rompiamo il c…” Chi sta parlando è Domenico Scarano, uomo fidato di Mocciola lo storico leader del gruppo ultrà juventino “DRUGHI” già condannato in passato per omicidio di un carabiniere. Il suo interlocutore è il dirigente bianconero Alberto Pairetto: figlio di Pierluigi, ex arbitro condannato durante l’inchiesta di Calciopoli, e fratello di Luca, arbitro in attività. Alla chiusura del campionato 2018/19, sarà proprio Pairetto a denunciare le intimidazioni e le pressioni ricevute da parte degli ultrà.

Ricordiamo che precedentemente, il Presidente Agnelli aveva dichiarato in commissione antimafia “Mai subito minacce dagli ultras“, durante la sua audizione per chiarire gli incontri avuti con Dominello.

Ricordati che quelli che sono in carcere non vedono l’ora di confermare quello che noi diremo. Poi vedete un po’ voi e vaglielo a dire, Ci saranno delle gravi conseguenze, non nel senso di gambizzazioni, ma ci rimetterà tutto l’ambiente

Minaccia Salvatore Cava, colonnello e portavoce di Mocciola. Come riportato il Gip Rosanna Croce nell’ordinanza che ha portato agli arresti, i tifosi minacciavano un ritorno ai vecchi metodi.  “Prevaricazione sugli altri tifosi in curva e svariate azioni intimidatorie, fuori e dentro lo stadio con affissione in luoghi visibili, come cavalcavia e muri, di scritte oltraggiose e discriminatorie. Sciopero del tifo, contestazioni alla squadra, intonazioni di cori discriminatori e denigratori. Che comportavamo la chiusura della curva Sud per due giornate e l’irrogazione di multe alla società”.

Bagarinaggio organizzato ma non solo, le pretese anche sulle consumazioni al bar e gli striscioni sugli stadi

“Costringevano la Juventus s.p.a. a concedere, quali agevolazioni non dovute, la possibilità di avere, fuori dai circuiti di vendita ufficiale, 25 abbonamenti, a pagamento, ai cd. ‘striscionisti’. E, per le partite fuori casa e nelle competizioni di Uefa, a pagamento, circa 300 biglietti per tutti i gruppi, biglietti poi rivenduti a prezzi maggiorati rispetto alla tariffa ufficiale. Per i Drughi, cessione condizionata alla sottoscrizione della tessera dei Drughi, così procurandosi un ingiusto profitto con danno alla Juventus”.

La Do & Co Italia Sri, società che ha la concessione per la gestione dei bar allocati al primo e secondo anello dell’ Allianz Stadium, era costretta a concedere consumazioni gratis. “Per ogni partita, rispettivamente, al gruppo Tradizione, 40 buoni per consumazioni gratuite, presso il bar allocato al primo anello. Al gruppo dei Drughi 25 buoni per consumazioni gratuite, presso il bar allocato al secondo anello, così procurandosi un ingiusto profitto”.

Ulteriori vittime degli ultrà juventini erano i club del tifo organizzato, costretti a togliere gli striscioni dalle gradinate. Il presidente di uno di questi club era intenzionato a fare denuncia. Ma, a quanto emerge dall’ordinanza del tribunale di Torino, non ha formalizzato la querela “temendo reazioni”. Altri presidenti degli Juve club raccontano di aver assecondato gli ultrà durante diversi incontri, come Genoa-Juventus: “Non avevo intenzione di togliere lo striscione, ma avevo paura delle ritorsioni. Sono violenti. Conosco da anni le dinamiche della curva e so che non è conveniente fare questioni con gli ultras”.

Quando il 19 giugno 2018 Pairetto si presenta negli uffici della Digos per denunciare quanto sta accadendo, anche gli altri dirigenti della società confermano l’impossibilità di gestire le richieste degli ultrà.

Si entra in curva a rischio e pericolo. Non c’è controllo nel rispetto del posto. Non possiamo controllare il rispetto del posto in curva per via del comportamento degli ultrà che dominano e decidono in curva e minacciano gli altri tifosi”. La curva è resa inaccessibile persino agli steward. “Non riusciamo a far rispettare il posto nominativo in curva in quando gli steward non riescono a entrare in curva. E questo fa in modo che in Europa ci vengano date delle multe”. Franzo spiegava così a Pairetto le necessità degli ultras: “In qualsiasi evento teatrale ci sono dei figuranti, i figuranti vengono pagati. Qua nessuno sta chiedendo di avere dei soldi per quello che è. Però un minimo di rispetto per dei ragazzi che sono venuti tre ore, quattro ore prima per montarti la coreografia…”.

Un braccio di ferro con la società che sullo stadio veniva vinto in ogni caso dai tifosi

Mocciola decide un tariffario a cui tutti dovevano attenersi per la rivendita dei biglietti. I tifosi possessori di regolare ticket venivano minacciati ed allontanati anche in presenza di bambini. Lo sciopero del tifo, durante il quale a tutti veniva impedito di tifare ed esultare durante la gara Perfino i fischi a Bonucci dopo il suo ritorno alla Juve erano solo una protesta contro la società. Di questo il giocatore erano stato preventivamente informato durante una telefonata avuta con uno della curva “non per te, ma ti usano come pretesto per attaccà la società per il caro biglietti, caro abbonamenti, certificati, striscioni, tutta sta roba”.

Questi i fatti, eccolo il ritorno ai vecchi metodi. Una violenza costante, un predominio assoluto. Che però ha avuto un’origine ben più lontana nel tempo rispetto alla decisione dei dirigenti di denunciare i capi ultrà della Curva. Un modus operandi che andava avanti da anni per creare una rete tanto capillare ed organizzata. Un pentolone ribollente scoperchiato solo in parte dalla trasmissione Report solo l’anno scorso in seguito alla morte di un ultrà.

 

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