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Napolitudine: tutte le tradizioni di Napoli fra leggende e costumi

Napolitudine

Le tradizioni di Napoli sono tante ed è sempre bello raccontarle e tenerle vive. Seguite la nostra pagina Napolitudine per conoscerle tutte!

Le tradizioni di Napoli, quante sono e quante ne conoscete? Ve lo siete mai domandati?

Napolitudine cerca di raccoglierle e farvele conoscere. Una volta a settimana vi racconta tutto, dalla leggenda alla storia, della città di Napoli e dei suoi costumi. 

Non soltanto le vite di Napoli, i suoi miti e la sua storia. In Napolitudine ci sono anche gli eventi più festosi e ricorrenti del capoluogo campano. Come ad esempio il Festival del Peperoncino o le date del Pizza Village.

Napoli non è soltanto sport e passione per il calcio. Questa antica e secolare città è ricca in ogni suo piccolo vicolo di leggende, aneddoti e tantissime credenze popolari.

Napolitudine le vuole raccogliere tutte per voi napoletani e per tutti quelli che non vivono in questa città e sono curiosi di poterla conoscere più di quel che sul web si dice.

Ma che origine ha la parola Napolitudine?

La parola Napolitudine deriva dalla stigmatizzazione di due celebri detti del Golfo di Napoli: “Vedi Napoli e poi muori“; “Smania ‘e turnà”. In sostanza Napolitudine raccoglie quel sentimento di malinconia che turisti e soprattutto napoletani (emigranti) provano nel ripensare alla propria città. Il termine va ben distinto da napoletanità e napoletanismo.

I primi a parlarne fra gli scrittori sono stati Erri De Luca e Luciano De Crescenzo nel film dal titolo “FF.SS.”.  Mentre a livello musicale il senso di napolitudine è ben presente nei versi del poema “Munasterio ‘e Santa Chiara”:

No… nun è overo!
No… nun ce crero.
E moro pe’ ‘sta smania ‘e turnà a Napule…”.

Oggi lo scrittore e giornalista Ruggero Guarini divide la Napolitudine in due tipologie: quella piccolo-borghese, patetica e umile e la seconda di carattere plebeo, festoso e ironico, che meglio identifica la scaltrezza e l’ingengosità del popolo di Napoli sin dal tempo del feudalesimo millenario.

La prima si può rappresentare con “Napoli milionaria” o “Filumena Marturano” di Eduardo de Filippo. La seconda è meglio rappresentata in “La gatta cenerentola” di Roberto De Simone.

Storia della canzone napoletana

La canzone napoletana melodica in passato e oggi neomelodica è un patrimonio indissolubile di Napoli. E’ parte della sua cultura, così come lo è per tante altre città e regioni italiane.

Esse rappresentano l’stanza d’orgoglio del popolo napoletano e in generale del Sud contro le difficoltà della vita.

Da quanti si apprende da alcuni ricerche l’origine del cantato napoletano risale al XIII secolo, al tempo di Federico II. Allora si era soliti intonare poesie accompagnate da menestrelli e canti rivolti al Sole. A Napoli, che già a quel tempo conservava il suo stilema di città povera, ma ricca di cuore, si sviluppò il filone della canzone popolare napoletana.

Strumenti della canzone napoletana

Ieri e oggi come da tradizione il primo strumento d’accompagnamento è il menestrello. L’accompagnamento collettivo nelle piazze e nelle vie è detto in dialetto locale U’Pusteggia ed è di tradizione tutta napoletana.

Oltre al menestrello, ricordiamo che spesso si usano la chitarra, il colascione e il triccaballacche più il famoso tamburello. 

I cantanti più famosi della canzone napoletana

Sono moltissime le voci femminili e maschili che sono state lodate nella canzone napoletana. Ieri e anche oggi, ogni anno escono fuori nuovi artisti giovani che spesso sanno prendersi il palcoscenico nazionale. Uno di questi, scomparso qualche anno fa e simbolo di Napoli, è certamente Pino Daniele.

Cinquantanni fa dominava la scena Renato Carosone. Qualche anno dopo vennero alla ribalta Renzo Arbore e Roberto Murolo.

Altri più conosciuti a livello regionale sono certamente Mario Merola e Tommy Riccio.

Ma non possiamo dimenticare anche voci nazionali come quella di Luciano Pavarotti che hanno intonato pezzi centenari della canzone partenopea: “O’ sole mio, uno su tutti”.

Piazza Plebiscito: curiosità, storia e struttura

E’ una delle piazze più famose d’italia ed è anche una delle più grandi con 25.000 m2 di superficie. La piazza è ovviamente la più estesa della città e spesso qui si svolgono concerti o eventi di importanza nazionale.

I primi passi della piazza risalgono al piazzale che si formò intorno al Palazzo vicereale nel lontano 1543. A seguire si avviò e ultimò la costruzione del Palazzo Reale, che fu progettato dall’architetto Domenico Fontana. Solo quando Gioacchino Murat divenne re di Napoli la piazza diventò quella che più o meno tutti conoscono oggi. Oltre al palazzo definitivo era prevista anche la costruzione di un foro. Quest’ultimo mai completato, perché poi Ferdinando IV si riprese il trono. Lo spagnolo volle al posto del forum la costruzione di una chiesa consacrata. La stessa oggi ha il nome di San Francesco di Paola.

Oggi la piazza si presenta suddivisa in due parti: quella che parte dalla Basilica a forma circolare e quella che si affaccia sul cortile del Palazzo Gemelli e sul lato del Palazzo Reale, a conformazione rettangolare. Nella zona semicircolare sorgono nel bel mezzo le ben note statue di Carlo III di Borbone e il figlio Ferdinando I.  Al lato della piazza ci sono i due palazzi storici di Napoli: Palazzo della Prefettura (entroterra) e Palazzo Salerno (direzione mare).

Essa costituisce insieme al Castel dell’Ovo, al Maschio Angioino, la Casa di Totò e Napoli Sottorreanea uno dei riferimenti turistici più importanti di Napoli. 

Napoli peperoncino Fest: date ed eventi

Torna per il secondo anno la festa di una delle spezie più infuocate del mondo: il peperoncino. Grazie all’Associazione Eccellenze in Piazza, sarà possibile per turisti e non provare moltissime degustazioni al peperoncino. Ci saranno anche assaggi originali preparati live da moltissimi chef e per i più coraggiosi anche piatti davvero piccanti come “Il casatiello all’nduja” e “la sfogliatella al peperoncino”.

Seguirà poi la gara per mangiatori di peperoncino dal nome inequivocabile: “Palati infuocati”.

Ad accompagnare questi assaggi piccanti ci saranno musiche folkloristiche napoletane.

Le proprietà del peperoncino

Nonostante chi soffra di gastrite o reflusso gastrico debba tenersi lontano dal peperoncino, questa spezia in realtà ha molte proprietà positive, se usato con moderazione. Fra cui:

Un aiuto salutare alla circolazione del sangue e per i disturbi cardiovascolari

  • Protegge dai raffreddamento di stagione e dalle infezioni
  • E’ ricco di vitamina C
  • Difende dal tumore
  • Può essere usato come antistaminico e anti-allergico
  • E’ afrodisiaco

Il ragù napoletano: quando è nato e come si cucina?

il ragù è una parola di origine francese. Nella lingua transalpina indica un tipo particolare di cottura riservato alle verdure e alla carne.

Per noi italiani significa solo quel piatto composto da pasta e piacevole sugo di carne che è famoso in tutto il mondo. Un piatto che per il notevole impegno che richiede spesso è caratteristico dei pranzi domenicali di Napoli e di tutta Italia. Ma fra ricette mistificate e “passa-parola” pochi sanno come si prepara il ragù napoletano per eccellenza. Noi siamo andati a scoprirlo.

Innanzitutto questa bontà richiede una lunga e lenta cottura, spesso viene cucinato dal giorno prima. La magia sta nel fatto che esso è semplicemente un pezzo di carne cotto in abbondante salsa di pomodoro.

Nei dettagli, gli ingredienti:

  • 1 kg di spezzatino di vitello
  • 2 cipolle medie
  • 2 litri di passata di pomodoro
  • un cucchiaio di concentrato di pomodoro
  • 200 g di olio d’oliva
  • 6 tracchiulelle (costine di maiale)
  • 1/4 di litro di vino rosso preferibilmente di Gragnano
  • 150g di cioccolato fondente al 70%
  • basilico
  • sale q.b.

Ma non basta! Così sono capaci tutti e invece un trucco fondamentale è il sugo deve “Pappuliare”, termine napoletano che sta a significare sobbolire.

Quale carne è adatta per fare un ottimo ragù?

C’è un vero e proprio dibattito, addirittura fra un quartiere della città e l’altro. Qualche donna preferisce la carne macinata, chi la famosa “Tracchiulella” (costine di maiale) e chi addirittura mette della carne farcita.

Mentre sulla pasta il parere è uno solo: ci vuole la “Ziti”.

Ragù: origine e tradizione

Si narra, che a Napoli alla fine del ‘300, esistesse una compagnia chiamata: la “Compagnia dei Bianchi”. Erano mendicanti che a piedi nudi percorrevano la città in cerca di misericordia e pace.

Un giorno giunsero al “Palazzo dell’ Imperatore”. Lì risiedeva un signore molto crudele, nemico di tutti.

Tanto cattivo che rifiutava continuamente gli inviti di pace che il popolo gli proponeva.

La moglie di questo signore un bel giorno gli preparò un piatto di maccheroncini. La provvidenza riempì tale piatto di sangue.

A quel punto successe l’ impensabile. Commosso dal prodigio, il signore volle riappacificarsi con questa “Compagnia”. La moglie stupita, preparò di nuovo quel tipo di pasta e magicamente il sugo divenne gustoso e profumato, facendo così felice i commensali.

 

 

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