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Napoli-Union Berlino, un “pareggino” che scontenta tutti

Napoli

Nella ripresa, Raspadori e compagni si sono spenti lentamente, come le luci dell’Asse Mediano

Napoli-Union Berlino. E alla fine ne è uscito fuori un “pareggino” che scontenta tutti. Potremmo sintetizzare così la gara disputata dagli azzurri contro Bonucci e compagni. A proposito del buon Leonardo, più che al “Da Vinci” (o al “Da Perdi”) citato dallo striscione (genialissimo) apparso al “Maradona”, ieri ci è sembrato una sorta di clone del leader omonimo delle tartarughe ninja. Già, perché se la classe non è acqua, la personalità – quella vera – non si acquista al supermercato. E tutto si può dire dell’ex difensore juventino, eccetto il fatto che difetti in quanto a carattere e determinazione. Due peculiarità non da poco. Le stesse che ci sarebbe piaciuto vedere in alcuni degli elementi chiave di questo Napoli.

In primis, nel suo allenatore. Quest’ultimo, infatti, ha aspettato ben s e t t a n t a s e t t e minuti per effettuare dei cambi che sin dall’inizio della ripresa apparivano non solo necessari, ma anche doverosi. Anguissa, per esempio, non ha vissuto una delle sue serate migliori. Raspadori, invece, pur avendo disputato un’ottima prestazione nella prima frazione di gioco, nella ripresa è andato spegnendosi lentamente, come l’impianto d’illuminazione dell’Asse Mediano. E se persino Kvara ha giochicchiato a sprazzi, significa che la serata di Champions era veramente di quelle storte. Del resto, prendere goal – come ha fatto il Napoli – sugli sviluppi di un contropiede scaturito da un calcio d’angolo a favore, equivale un pò a dimenticare le chiavi di casa dietro la serratura della porta e ricordarsene solo dopo essere usciti. Una tragedia, insomma.

A questo punto della stagione, una qualche riflessione ulteriore andrebbe fatta. Non solo dalla società. È stato bello l’abbraccio tra Garcia e Politano dopo l’uscita dal campo dell’esterno d’attacco partenopeo. Significativo, più che altro. Anche e soprattutto dopo i gestacci di alcuni top-player della squadra ad inizio campionato. Ma quella del tecnico francese sulla panchina dei campioni d’Italia, è vera stabilità? Come regolarsi con un allenatore che non riesce a far vincere più di due gare di fila ad una compagine che, appena sei mesi fa, maramaldeggiava sugli avversari? Una risposta a questi quesiti, probabilmente, arriverà già dalla prossima gara interna contro l’Empoli a Fuorigrotta. Prima della sosta.

L’ultima volta, contro la Fiorentina di Italiano (che poi non ne ha azzeccata più una), non è andata benissimo. Pur facendo tutti gli scongiuri del caso e pur denotando una palese superiorità tecnica (e di organico) rispetto al club toscano, il Napoli di quest’anno non trasmetterebbe assoluta certezza del risultato neanche se giocasse contro la Longobarda di Oronzo Canà. In molti, tra l’altro, dimenticano che per larghi tratti dell’ultima partita di campionato disputata in quel di Salerno, Di Lorenzo e soci sono sembrati in affanno. E che solo dopo il goal di Elmas si è potuto tirare un sospiro di sollievo quasi definitivo.

Una piccola parentesi conclusiva la dedichiamo alle scene vergognose a cui abbiamo assistito, come spettatori totalmente inermi, dopo l’arrivo dei tifosi (?) tedeschi in città. In alcuni (concitati) momenti ci sembrava di presenziare al set di un film dedicato ad Attila. E di certo non ci riferiamo al “flagello di Dio”, interpretato magistralmente da Diego Abbatantuono molti anni or sono, ma a quello originale. Il re degli Unni. Che amarezza.