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De Laurentiis è un genio e in città non se n’è ancora accorto nessuno

De Laurentiis su Spalletti

Il presidente ha portato la “cultura dei fatti”

Napoli. Un fiume in piena, certo. Ma anche un sogno, una “visione”. Tutto il genio, in pratica, di un uomo ultrasettantenne che negli ultimi vent’anni ha disegnato orizzonti calcistici (e manageriali) che sembravano quasi impossibili da immaginare e che poi, puntualmente, per tutti gli aficionados alla maglia azzurra, si sono rivelati come delle vere e proprie strade dorate da attraversare. In parole povere, questa mattina, Aurelio De Laurentiis, ha ricordato al mondo il perché del suo essere sempre un passo avanti rispetto ai suoi colleghi di Serie A (e non solo).

Lui parlava (e continua a parlare) di “modello NBA” ad un mondo, quello calcistico, che neanche immagina come sia fatta una palla a spicchi, figuriamoci le regole perfette del patinatissimo (e redditizio) sistema cestistico americano. Sul presidente si può dire tutto ed il contrario di tutto, per carità, ma una cosa è certa: nessuno può mettere in discussione l’operato di un imprenditore che, in una ventina d’anni, è riuscito a trasformare il Napoli da club martoriato ed abbandonato a sé stesso  – quale era agli inizi degli Anni Duemila – in una società dall’economia florida e dal blasone europeo. Mica una cosa da poco.

Chi scrive, del resto, attraverso queste pagine ne aveva già parlato pochi mesi or sono. De Laurentiis è stato uno dei volani per la rinascita del capoluogo partenopeo. Sì. Perché non è stato il Napoli ad adeguarsi alla città, ma l’esatto contrario. Ed il tanto agognato terzo scudetto raggiunto nella corsa stagione, ha rappresentato un po’ l’apice di un connubio pressoché perfetto. Quello venutosi ad instaurare tra la città – che si è trasformata in una fenice piuttosto cazzuta (altro che la sirena Partenope) – e la squadra di quei “ragazzacci” sfrontati formata da gente come Kim, Kvara e Osimhen.

Appare chiaro, naturalmente, il fatto che nessuno sia esente da difetti. I suoi, probabilmente, Aurelio De Laurentiis li conosce meglio di chiunque altro. Epperò, chi se ne frega dei difetti, delle PEC, delle piazzate, degli “amici di famiglia”, delle esternazioni, a volte colorite, se i risultati – insindacabili – ci parlano di un club con il tricolore sul petto che fra pochi giorni andrà ad affrontare il Barcelona negli Ottavi di Finale di Champions League? Molte volte, a furia di lamentarsi dei “grandi sistemi”, vengono persi di vista i discorsi più pratici. L’ambiente partenopeo dovrebbe imparare a gestire i cosiddetti “momenti no” senza perdersi in deleteri isterismi e melodrammatici simposi. Dovremmo farcene una ragione: il Calcio non è stato inventato da queste parti.

Ciò detto, la conferenza stampa tenuta dal presidente questa mattina, potrebbe (e dovrebbe) diventare una sorta di punto di snodo per una stagione che ha ancora delle cartucce da sparare. Ci ha messo la faccia, De Laurentiis. Cosa piuttosto insolita in una città che spesso vive di omertà e di paure recondite. Oltre che di responsabilità lasciate nelle mani del fato, di Dio e del futuro visto più come una scommessa che come un’opportunità. Insomma, non sarà il massimo della diplomazia, ma al deus ex machina della Filmauro andrebbe fatta una statua d’oro in Piazza Del Plebiscito. In un ambiente di fuffa e parole perse nel vuoto, De Laurentiis ha portato la “cultura dei fatti”. E’ un visionario. Ma a Napoli non se n’è ancora accorto nessuno.