Antonio Conte è il centro di gravità permanente del Napoli: un po’ Kobe, un po’ Brian Clough

Garnacho sì, Garnacho no.
Sembra il refrain allegrotto di un pezzo dei The Kolors e invece è solo il leitmotiv del mercato azzurro in un infinito gennaio. Nel mentre, domani allo stadio “Diego Armando Maradona”, arriverà la Juventus di Thiago Motta, da sempre avversario scomodo dalle parti di Fuorigrotta. Epperò, la piazza partenopea vive l’attesa della sfida con la Vecchia Signora con nobile nonchalance, che non significa snobismo o indifferenza, ma lungimirante consapevolezza del fatto che la lunga maratona del campionato di Serie A, rappresenti una mega-corsa a tappe e che non ci si può di certo basare solo sul match con i bianconeri. Un tempo, neanche molto lontano in verità, sarebbe stata salutata come la partita delle partite, quella che ti svolta la domenica, la settimana, la stagione. Non più, finalmente. Garnacho, dicevamo. Il Napoli s’interroga su quel che sarà il dopo-Kvaratskhelia. Le voci, del resto, si rincorrono come autovetture di Formula Uno. Va al Chelsea. No, va a Napoli. No, il Napoli aspetta Adeyemi. Che però attende il Dortmund. Insomma, la solita tarantella di nomi.
Quel che è certo, basandoci sui meri (ma incontestabili) dati statistici, è che a Bergamo – insindacabilmente uno dei campi più difficili d’Europa – Di Lorenzo e compagni si sono travestiti da coraggiosi corsari, gettando il cuore oltre l’ostacolo ed eseguendo qualche cross un po’ più incisivo verso il caro Romelu Lukaku. Il Calcio, del resto, è materia piuttosto semplice. Vincere in terra orobica, tra l’altro, nella quasi centenaria storia azzurra, ha sempre rappresentato una sorta di pass catartico verso vette talvolta insperate. Sin dai tempi di D10S (e come potrebbe essere altrimenti?). Bella, pure l’accoglienza riservata dai tifosi azzurri ai propri beniamini in quel di Capodichino. Scene che richiamano un po’ alla splendida cavalcata di due anni or sono, quando un mago – di nome Luciano Spalletti – decise di plasmare un gruppo di baldanzosi (e forti) giovanotti, trasformandolo in una squadra vera.
Certo, qualcuno, tra i vicoli dell’affascinante Partenope, starà ancora canticchiando un motivetto Pausiniano. Kvara se n’è andato e non ritorna più. Va da sè, naturalmente, che il georgiano fosse una specie di separato in casa già agli albori della stagione 2024-2025. Sì, insomma, le prestazioni dell’ex campione d’Italia erano decisamente agli antipodi rispetto a quelle sciorinate – nei primi sei mesi – della sua esperienza all’ombra del Vesuvio. Tutto il resto è romanzo, appendice, formalità pallonare. In nome del volemose bene e dei video strappalacrime. E allora tanto vale concentrarsi sul materiale che si ha a disposizione e sulle doti – umane e manageriali – di mister Antonio Conte, uno che ha la personalità di Kobe Bryant (sempre sia lodato, ovunque egli sia) e la sapienza calcistica dei grandi maestri della Premier League (vi dice niente il nome di Brian Clough?). Tradotto in soldoni, a Napoli una figura così carismatica e positivamente accentratrice – nel senso più cool del termine – forse mancava proprio dai tempi del sunnominato Diego. E invece di rincorrere i fantasmi del passato, dovremmo imparare a tenercelo stretto.

Su questa Terra dal 1987. Giornalista Pubblicista dal settembre 2009. Amo tutto ciò che ha a che fare con la comunicazione. Il mio motto è “La Musica a chi la sa vedere”, nell’arte e nella vita di tutti i giorni.