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Riccardo Bigon: “Sono sempre stato il figlio di… a Napoli mi scrissero moccioso raccomandato”

Riccardo Bigon

Riccardo Bigon si è raccontato in una lunga intervista a Il Foglio Sportivo

L’infanzia con papà Alberto e mamma Valeria, i primi passi nel mondo del calcio da dirigente, l’esperienza a Bologna e la convivenza con un cognome importante. Riccardo Bigon ha parlato di sé e della sua carriera in un’intervista rilasciata a Il Foglio Sportivo.

Partendo dalla sua fanciullezza, ha affermato che la famiglia lo ha cresciuto insegnandogli la mentalità del lavoratore tipico del Veneto. Ovvero: “Lavora e fai, tira su le maniche e fai”. Il padre Alberto Bigon non ha fatto mai mancare nulla a lui e nemmeno alla madre Valeria.

Tuttavia, non hanno mai vissuto nello sfarzo e nello spreco. Il direttore sportivo del Bologna, infatti, ha rivelato: “Il valore dei soldi l’ho sempre avuto e l’ho tenuto stretto”. Proprio per questo motivo, non apprezza fino in fondo l’eccessiva quantità di denaro che ruota intorno al mondo del calcio.

La malattia di Mihajlovic fu un “colpo devastante”

Riccardo Bigon ha parlato poi del suo rapporto con Mihajlovic, allenatore del Bologna. E soprattutto si è soffermato su cosa ha provato quando ha appreso che al tecnico serbo era stata diagnosticata una leucemia.

La notizia gli fu data da Di Vaio. Qualche giorno prima i medici li avevano avvisati che si sarebbe potuto trattare di qualcosa di grave. Nonostante ciò, quando l’ex dirigente del Napoli apprese del male di Mihajlovic, per lui fu un “colpo devastante”.

Ebbe un momento di confusione totale, di shock, in cui non riusciva a pensare a nulla. Quindi cominciò a chiedersi come si sarebbe dovuta comportare la società felsinea, se c’era una procedura da seguire in quei casi.

Tutto ad un tratto, però, si rese conto che quelli erano pensieri futili, perché il vero dramma lo stavano vivendo Mihajlovic e la sua famiglia. “Sono esperienze che ti segnano”, ha chiosato Riccardo Bigon.

Il ds del club emiliano ha rivelato anche alcuni retroscena sul Mihajlovic-uomo. Ha detto che non è affatto una persona fredda e impassibile come può apparire dinanzi alle telecamere o ai microfoni dei cronisti. In realtà è solare e sorridente ed è molto ironico.

L’approdo di Bigon nel mondo del calcio e le critiche a Napoli

L’ingresso di Riccardo Bigon nel calcio è avvenuto quasi per caso. Lui, infatti, dopo essersi laureato in Giurisprudenza, stava seguendo un tirocinio in uno studio legale di Padova.

Tutto ad un tratto, gli arrivò una telefonata dalla Reggina che gli propose di lavorare come responsabile organizzativo. E così cominciò il connubio con Walter Mazzarri.

Dopo questa prima esperienza, il presidente del club calabrese gli chiese se voleva diventare direttore sportivo, e a quel punto fu chiamato a fare una scelta definitiva per la sua carriera.

Accettò di ricoprire quel ruolo per raggiungere due obiettivi importanti. Innanzitutto non avrebbe mai infangato il suo cognome che, grazie al padre Alberto, è noto a tutti come sinonimo di “signorilità e pulizia”.

Inoltre, avrebbe inseguito il sogno di non essere etichettato più come “figlio di” (Alberto Bigon in questo caso), ma di far sì che si parlasse del “padre di” (Riccardo Bigon).

Fin da piccolo, infatti, è sempre stato considerato come una sorta di “figlio di papà”, di quel Bigon che aveva vinto lo scudetto con il Napoli.

A tal proposito, ha raccontato cosa gli è accaduto quando ha lavorato a Napoli. Dopo poco tempo dal suo approdo nella società partenopea, alcuni tifosi lo hanno definito “moccioso raccomandato”, intimandogli di non parlare mai più della storia della squadra.

Il riferimento è ad uno striscione esposto dai supporter azzurri dopo le seguenti affermazioni di Bigon: “Prima del nostro arrivo, il Napoli con il Liverpool giocava alla PlayStation”.

Tornando all’intervista, il direttore sportivo del Bologna ha sottolineato che avere un genitore come il suo è importante perché “ti fa vedere chi sei”.

Col tempo, proseguendo nella sua carriera dirigenziale nel calcio, il dirigente veneto è riuscito a togliersi una grande soddisfazione. Un giornale, dopo aver pubblicato una foto di padre e figlio, nella didascalia ha scritto: “Albertino, papà di Riccardo”. E così il “figlio di” è riuscito a liberarsi di questa etichetta e a far valere la sua professionalità come manager sportivo.

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