ESCLUSIVA CasaNapoli.net – Intervista a Francesco Maione: “Un salto indietro nella sicurezza sul lavoro”
Francesco Maione – Amm. Del. Cispi – dichiara: “Nel 2020 un salto indietro nella sicurezza sul lavoro”.
Dopo gli ultimi incidenti sul lavoro, che hanno causato la morte di due persone, Francesco Maione fotografa il livello di sicurezza nazionale nel corso di attività produttive. “Ciao amore vado al lavoro, ci rivediamo al solito orario, dai un bacio ai bambini”. Ma poi il solito orario arriva, ma lui o lei non rientra. Il tempo passa e i sospetti aumentano di minuto in minuto. Arriva una telefonata, quella a cui non vorresti mai rispondere, la cornetta pesante come una roccia. Poche parole poi è solo incredulità. Sgomento. Dolore.
Sì, si continua a morire sul lavoro, nei giorni successivi al primo maggio addirittura 2 decessi. Un destino beffardo che colpisce nel mucchio di coloro che vanno a lavorare, senza preferenze tra uomini e donne, tra giovani e meno giovani, tra più o meno esperti.
Una storia che si ripete impietosa nonostante lo sforzo legislativo miri a garantire sempre più sicurezza sui posti di lavoro:
“Non possiamo assolutamente ritenerci soddisfatti dei risultati ottenuti fino a oggi nel prevenire gli incidenti mortali sul lavoro – Spiega Francesco Maione amministratore delegato del Cispi, Centro Italiano Sicurezza Prevenzione e Informazione – . Se dal 2008 in poi si era registrata una diminuzione di questi casi, grazie anche all’entrata in vigore del Decreto legislativo 81/08, che perfeziona la precedente norma 626 del 1994, nel tempo questa tendenza si è invertita. Negli anni 2009, 2010 e 2011 infatti, eravamo scesi a meno di mille decessi per infortunio sul lavoro. Nel 2020 invece ne abbiamo registrati 1270 numero molto vicino al totale registrato nel 2000 di 1325 vittime. Un grande passo indietro che ci riporta agli episodi di questi giorni con le tragedie di Luana D’Orazio e Christian Martinelli”.
Francesco Maione precisa il suo pensiero sulla sicurezza sul lavoro: “Le leggi ci sono, ma vanno applicate”
Allora c’è tanto da rivedere e migliorare?
“La maggior parte degli incidenti sul lavoro deriva da una mancata o cattiva formazione dei lavoratori. Non si dà il giusto peso ad un processo educativo molto importante che viene visto soltanto come una maggior spesa da parte delle aziende. E’ fondamentale, invece, acquisire la cultura della sicurezza ed educare il lavoratore a comportamenti virtuosi che evitino i rischi”.
Cose che sono mancate nel caso della giovane mamma di Prato?
“Nel caso della D’Orazio bisognerà comprendere le cause che hanno determinato un evento così tragico, ci sono indagini in corso. Bisognerà capire perché ciò è avvenuto. Quali sono i comportamenti che l’azienda ha, eventualmente, omesso di attuare. Perché le protezioni che bloccano immediatamente il macchinario, in caso di emergenza, non sono entrate in funzione? Molti macchinari moderni sono dotati di fotocellule che leggono la situazione di pericolo e bloccano la funzionalità degli ingranaggi, proprio per evitare schiacciamenti e coinvolgimenti dell’operaio. Ma spesso le macchine in uso risultano vetuste per l’eccessivo costo di un riammodernamento o perché gli operai già sanno come utilizzarle al meglio, senza necessità di ulteriori corsi di aggiornamento”.
Per Francesco Maione il problema della sicurezza sul lavoro non è solo quello di riammodernare i macchinari
“L’analisi e la valutazione dei rischi, se fatte bene, danno una grande aiuto ad evitare simili episodi di cronaca. Con queste attività infatti, si valutano i rischi sul lavoro azzerabili o quelli solo riducibili. Quindi tocca mettere in campo i relativi dispositivi di sicurezza che si adattano alle macchine, o anche dispositivi di protezione destinati all’uso da parte dei lavoratori. Ma ribadisco che il processo formativo è sempre determinante, se è fatto bene e viene ripetuto nel tempo. La trasmissione di queste nozioni è in grado di ottenere un comportamento sicuro da parte di chi opera a contatto con macchinari specifici. Se tutto questo fosse stato applicato forse oggi avremmo assistito ad una tragedia in meno”.
La ricerca delle responsabilità
Responsabilità da ricondurre esclusivamente al datore di lavoro, oppure ci sono altri soggetti coinvolti in queste valutazioni?
“Questo è un punto chiave. Con la nuova normativa il Legislatore mette in campo un vero e proprio team. Non si concentra l’attenzione esclusivamente sul datore di lavoro, ma su una serie di figure come il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, il medico competente, il rappresentante dei lavoratori. Un caso di morte sul lavoro rappresenta il fallimento non di una persona, ma di un’intera catena di figure destinate a garantire la sicurezza”.
E’ facile quindi risalire ai responsabili?
“L’incidente può essere determinato anche da comportamenti non prevedibili da parte del lavoratore. In questi casi si definisce ‘rischio elettivo’ e rappresenta la via d’uscita alle responsabilità civili e penali del datore di lavoro. Noi come Cispi abbiamo già affrontato casi simili. Grazie all’apporto di medici e tecnici siamo riusciti a dimostrare, in giudizio, che alcuni infortuni anche gravi erano stati determinati da comportamenti non soltanto non richiesti ai lavoratori, ma anche molto pericolosi”.
Contro il Covid nessun piano pandemico nazionale
E tutto questo mondo di prevenzione e sicurezza sul lavoro come si è confrontato con l’esperienza inedita della pandemia?
“Male molto male, soprattutto per la mancanza di un piano pandemico aggiornato. Certo nessuno di noi avrebbe mai immaginato di vivere un’esperienza come quella della pandemia con intere capitali come New York completamente deserte. Ma questo non giustifica il fatto che uno Stato possa farsi sorprendere da un virus e non avere un piano pandemico adeguato a fronteggiare un’evenienza simile. Pensiamo a quanti lavoratori della Sanità, per salvare vite umane, hanno deciso di offrire cure e soccorso senza neanche una mascherina di protezione. E molti di questi hanno rimesso la propria vita”.
La sicurezza sul lavoro è anche un’opportunità di investimento
Questo settore della sicurezza sul lavoro offre possibilità di investimento sia sotto il profilo personale, per le figure tecniche richieste, sia come investimenti imprenditoriali?
“Ad oggi nel settore contiamo tredicimila addetti e quattromila strutture organizzate che offrono consulenza. Ma tutto questo non può essere visto esclusivamente come un business. L’approccio e le scelte a questa materia così delicata non possono essere dettate dalla mera soddisfazione economica”.
Allora da cosa ?
“Le scelte devono essere ispirate a garantire, prioritariamente, la tutela delle persone che si affidano a te. Alle aziende sottoporrei non tanto i cosiddetti costi della sicurezza, ma quelli della ‘non sicurezza’. Ovvero quelle spese meno evidenti in bilancio agli occhi degli imprenditori, ma che alla fine pesano nel rendiconto annuale. Come ad esempio la ridotta produttività determinata dalle assenze dei dipendenti per infortunio o per malattia, o anche le spese legali da affrontare in alcuni casi”.
Francesco Maione “occorrono più investimenti da parte delle aziende per migliorare la sicurezza sul lavoro”
“È un dato di fatto che negli ultimi anni, complice la crisi, si è registrata una compressione dei budget destinati alla salute e alla prevenzione sui luoghi di lavoro. Talvolta pur procedendo a sviluppare l’analisi e la valutazione dei rischi in ambito aziendale, poi il processo si blocca quando bisogna spendere per innovare o investire per limitare le criticità rilevate. Quindi i mancati investimenti rendono inefficace tutto il precedente lavoro di consulenza”.
giornalista pubblicista